Il castello Campori è il simbolo di Soliera.Nella sua lunga storia è stato abitato dalle potenti famiglie degli Este, dei Pio e dei Campori, ai quali deve il suo nome.

Da trent’anni è di proprietà del Comune, che l’ha completamente restaurato e trasformato in un centro culturale aperto ai cittadini.


©Sara Cavallini

Storia


Il castello simbolo di Soliera sorse su un antico castrum, citato nei documenti fin dall’inizio dell’anno Mille e annoverato fra i possedimenti del marchese Ugo Estense e poi fra quelli di Matilde di Canossa.
Dopo la crisi del periodo comunale, il castello fu conteso fra i Pio di Carpi e gli Este di Ferrara. Questi ultimi ebbero inizialmente la meglio e, nel 1370, ricostruirono il fortilizio, che nel frattempo era andato distrutto. Il baluardo fu poi ceduto ai Pio nel 1405 e divenne un avamposto dello Stato dei Pio fra le terre estensi.
Dopo l’assassinio del feudatario Marco III Pio di Sassuolo, Soliera tornò agli Este, che nel 1636 la elevarono a marchesato e la diedero in feudo a Pietro di G. Battista, nipote del cardinale Pietro Campori. Il marchese Campori, esponente di una nobile famiglia originaria della Garfagnana, dispose di ricavare nel castello due appartamenti: uno per sé al piano nobile e l’altro al piano superiore per i suoi fratelli. Il castello divenne così una elegante dimora di villeggiatura, nel tempo ulteriormente ampliata e abbellita dalla famiglia Campori che, oltre a dargli il nome, ne dettò i destini per i secoli a seguire.
I Campori rimasero infatti feudatari fino al 1796 e mantennero la proprietà del castello per altri due secoli, finché lo cedettero alla parrocchia. Nel 1990 il castello fu infine acquistato dal Comune di Soliera.

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Architettura


Di forme austere e imponenti, il castello che vediamo oggi è il frutto delle tante modifiche che, nel corso dei secoli, lo hanno trasformato da rocca con funzioni difensive a elegante palazzo nobiliare.
La struttura conserva ancora oggi all’esterno le tracce del primo fortilizio estense: fra i torrioni quattrocenteschi, nella trama delle mura, si riescono tuttora vedere le tracce dell’antico cammino di ronda. All’interno, invece, si possono ammirare alcuni elementi di pregio della residenza settecentesca: la galleria che si affaccia sul cortile esterno – oggi sala consiliare – elegantemente decorata da stucchi raffiguranti scene di vita mitologica, i pavimenti alla veneziana dell’appartamento nobiliare al primo piano – oggi biblioteca – e lo scalone d’onore a quattro rampe che porta al piano superiore, sul cui pianerottolo campeggia, in una nicchia, la statua di Ercole, figura mitologica posta alla guardia del castello ma anche tributo al duca Ercole III d’Este.
All’interno e all’esterno troneggia in vari punti lo stemma araldico della famiglia a cui il castello deve il suo nome: i Campori. Lo vediamo dipinto sul voltone del cassero di accesso al borgo, sul portone di ingresso al cortile e, a rilievo, nella galleria degli stucchi.

©Sara Cavallini

Il castello oggi


Da quando il Comune di Soliera lo ha acquistato, il castello è stato più volte restaurato. L’intervento più recente è stato fatto per riparare i danni provocati dal terremoto che nel 2012 ha colpito il territorio.
Gli ultimi lavori di restauro si sono conclusi nel 2016 e oggi il castello è interamente accessibile.
Al piano terra si trovano la biblioteca Campori e la sala consiliare, dove si riunisce il Consiglio Comunale e si svolgono incontri ed eventi.
In un sottotetto trova posto l’acetaia comunale, dove viene invecchiato l’aceto prodotto da uve del territorio solierese.
Dal 2018, il castello è diventato Castello dell’Arte: nel piano nobile è stata allestita una sede tutta nuova per mostre ed esposizioni. Arte contemporanea e fotografia sono le forme espressive a cui si intende rivolgere la proposta del castello, che ha preso il via con la mostra “Intra moenia. Collezioni Cattelani”: una raccolta di opere di artisti di primo piano nell’arte contemporanea italiana e internazionale.
Da novembre 2019, il castello ospita la mostra fotografica “Un paese ci vuole. Fotografie tra persone e luoghi del nostro territorio”.